Che ci puoi fare? Todo cambia
Anche nei giorni di-sperati, qualche consapevolezza psicologica può fare la differenza. Che ti piaccia o no, anche tu cambi, A PARTIRE DA OGGI
Chi vende casa lo sa bene: è dopo l’estate che decidiamo di cambiar vita. C’è chi si molla col fidanzatǝ perché in vacanza si accorge di non sopportarlǝ, chi guardando le Olimpiadi inizia a correre: à propos: visto quanti lo hanno fatto in questi ultimi tempi?
Sul polso di una collega, tempo fa, ho visto scritto: Todo cambia. Sarei pronta a scommettere che è stato fatto in autunno, quel tatuaggio. Insomma, lo scenario cambia continuamente - non sempre in meglio. I filosofi pessimisti direbbero, infatti: “E perché mai le cose dovrebbero andar meglio, signori?”
Abbiamo abbastanza chiaro, intimamente, che cosa significa cambiare?
In questa newsletter:
ti spiego il significato psicologico di cambiare, attraverso un paio di metafore e qualche citazione psicologica;
ti racconto qualcosa di personale, che ormai ci ho preso gusto;
ti regalo metafore sul cambiamento che ti possano ispirare sul tuo, di cambiamento, particolarmente se sei una persona altamente sensibile;
ti faccio un po’ di domande per capire qual è il tuo mindset.
Pensa agli ultimi mesi: ad agosto non ti risponde nessuno al telefono, sembra che non sia cambiato niente. A settembre va un po’ meglio, ma qualcunǝ ancora in panciolle c’è, e si percepisce. In ottobre hanno tutti la smania di fare cose. Questo inizio di novembre, invece, è stato tutto un aspettare le elezioni americane. Che, puntualmente, arrivano. E cambiano, nuovamente, lo scenario. Un attimo: Che cosa succede quando cambiamo?
Partiamo da una citazione.
Quando a una persona manca qualcosa, o aspira ad un cambiamento nella propria vita, per la maggior parte dei casi non avviene un cambiamento in un solo contesto. Direttamente o indirettamente, cambia la composizione di tutte le pratiche di quella persona e dei suoi contesti, i loro pesi relativi e significati personali. Ole Dreier, 1999, p. 21
Questa semplice considerazione ha alcune conseguenze pratiche.
Non possiamo dividere la nostra vita in compartimenti stagni. Cambiare in un ambito di vita significa farlo anche in altri settori. Alla faccia di chi ancora promuove la work/life balance: ma quando mai siamo statǝ in equilibrio fra questi due aspetti, e quando mai si può postulare una netta linea di demarcazione? Se sto male a casa, lavoro di m***a e, se ho problemi al lavoro, certo che se ne accorgono, a casa.
Una frase del tipo: “Tesoro, cambio lavoro, ma non ti preoccupare, la nostra relazione non cambierà mai” è davvero inautentica ed ingenua.
Ma si sa, a volte, siamo così, dolcemente complicate.
Nel cambiamento, saltano delle teste (metaforicamente parlando). Si può vedere con molta chiarezza in un percorso di psicoterapia: accade che si mollino fidanzatǝ, si ri-definiscano i rapporti con i genitori, ci si trasferisca, si settino nuove regole e ci si apra a nuove frequentazioni. Perchè siamo cambiatǝ noi.
La stessa cosa accade dopo una separazione o un lutto. Ci si può allontanare dagli amici di prima - a maggior ragione se li si frequentava in coppia. Si fanno altre cose. C’è chi cambia anche fisicamente. Un trauma è pur sempre, brutalmente, un cambiamento.
Quando cambiamo, cambiamo tuttǝ. Che il cambiamento sia un desiderio intimo e personale o che, come in questo caso, ci sia un cambio di scenario - quello, cioè, che ci costringerà a vedere Trump come POTUS per i prossimi 4 anni - è chiaro che non sei più lǝ stessǝ oggi.
A livello di pensieri e di emozioni, per esempio.
Tipo, oggi: come fai a non sentirti diversǝ rispetto a ieri? Io, per esempio, è tutto il giorno che mi sento disorientata.
Tu? Come hai cambiato pensieri ed emozioni rispetto a ieri?
Cambiare significa contrastare una narrativa semplicistica sulla coerenza psicologica come valore di per sé. Come quelle frasi che ci si scriveva sul diario, da piccolǝ: “Non cambiare mai”, “Resta sempre come sei”, “Ti vorrò bene per sempre”. Ma quando mai.
Rimanere fedeli a se stessǝ è diverso da essere uguali. La fedeltà al progetto di essere se stessǝ significa cambiare, altrimenti non ci si adatta alla vita che evolve e alle cose che si devono affrontare. Una retorica educativa un po’ semplicistica ci insegnava, invece, altro: che per essere riconoscibili - in un certo senso prevedibili - fosse giusto assicurare una continuità nei nostri comportamenti. Rimani come sei. No, cari, se fossimo tuttǝ rimastǝ l’adolescente delle dediche, ora saremo in una comunità psichiatrica.
Cambiare è tipico dello stile dinamico di mindset, così come lo descrive Carole Dweck, ricercatrice e psicologa cognitivista. E’ “quella forma mentis che consente alle persone di crescere anche durante alcuni dei momenti più sfidanti della nostra vita” (2013, p. 20), perché si fonda sulla convinzione che con l’impegno le qualità di base possano essere coltivate. Al contrario, il mindset statico è quando crediamo che le nostre qualità siano scolpite nella pietra, che dobbiamo dimostrare di valere, arrivando a considerare l’eventuale fallimento come esito negativo e nefasto, e non una tappa verso il miglioramento.
Quando le persone rimangono attaccate al mindset statico, c’è un motivo. In qualche momento della loro vita, quella forma mentis si è dimostrata utile. Ha detto loro chi erano o chi volevano essere (un bambino intelligente e di talento) e ha detto loro come riuscire ad esserlo (dando buone prestazioni). In questo modo, ha fornito loro una formula per ottenere amore e rispetto dagli altri. (…) Il cambio di forma mentis esige che la persona rinunci a questi sé.
Carole Dweck, 2013, p. 260
E non è facile. Ma: un conto è cambiare pensando di doverlo fare perché ci si percepisce come inadeguatǝ, un conto è farlo semplicemente perché è una funzione della vita psicologica. Una tappa in un percorso di crescita che richiede allenamento.
Sono due cose molto diverse.
Ora, saltiamo alle metafore
Una di quelle più usate per spiegare il cambiamento psicologico è la metafora del serpente che cambia la pelle.
Qualche giorno prima, perdono l’appetito, diventano irascibili e cercano di fare scorta d’acqua. È passato un anno dall’altra volta. Sotto la pelle vecchia si è già formato uno strato di pelle nuova. È arrivato il momento. Il serpente rompe il rivestimento esterno, all’altezza della bocca o del naso, strofinandosi contro una roccia o un tronco. E comincia a spingerlo indietro, sfregando contro il terreno. L’involucro sottile si rovescia e viene sfilato intero, come una maglia, come un guanto. A differenza della pelle umana, la pelle del serpente non è elastica e non cresce assieme a lui e quando i serpenti diventano più grandi è come se avessero addosso un vestito troppo stretto. Il serpente cambia pelle per continuare a crescere.
Meno conosciuta è, forse, la necessità di ritiro che ha un altro animale, quando cambia.
Avete presente l’aragosta? Quando sente che il guscio è troppo stretto, si rifugia dietro uno scoglio, si toglie il vecchio guscio e se ne crea uno nuovo, più confortevole. Fa tutto da sola. Vive un cambiamento. Poi esce dallo scoglio, e torna alla vita. E così ciclicamente. Ecco, così ho fatto io. Mi sono rifugiata nella mia casa nel bosco, una casa bellissima isolata dal mondo, e dal 2013 ho capito che dovevo togliere il vecchio guscio e cambiare.
Gabriella Greison - fisica e scrittrice
Potrei continuare per ore con metafore di cambiamento degli animali, ma te le risparmio.
Non ti farò mancare, invece, qualche domanda per sapere qual è il tuo approccio al cambiamento. Perché? Molto semplice: avere consapevolezza su questo aspetto può fare la differenza, per te, permettendoti di uscire da un campo di agito (faccio le cose senza sapere perché le sto facendo, poi pentendomene, spesso) a un campo di cambiamento direzionato da un’intenzione specifica.
Ad esempio:
Cambiare per te è facile? Quando devi modificare una delle cose che stai facendo, come la prendi?
Cambi di botto, con decisioni “apparentemente” impulsive?
Vivi il cambiamento come un fallimento? “Ecco, vedi, se mi è successo questo è perché non sono abbastanza….”
Cambi quando non reggi più la tensione, dopo aver accumulato questioni irrisolte?
Cambi fuggendo dalle situazioni?
Cambi in maniera preventiva per evitare un confronto diretto o un conflitto?
Hai bisogno di tempi lunghi di riflessione, per maturare un cambiamento? (Se sei altamente sensibile, è più facile che la profondità di elaborazione ti chieda tempi più dilatati, infatti)
E ancora:
Come vedi il cambiamento delle altre persone per te significative?
Ti dà un senso di fastidio cambiare, o veder cambiare le persone?
Finiamo con riconoscerci un po’ di auto-compassione, per tutti i numi. Non sempre cambiare è come ce lo aspettavamo. Anzi, quasi mai. Bene: calma e gesso, ragazzǝ, che qui si cambia comunque. (Se vuoi sapere, qual è l’origine di questo modo di dire, qui lo scopri)
Vogliamoci bene. E facciamoci forza.
Grazie per aver letto fino a qui! ;)
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M(ercoledì)arzia
Dalla lettura di Mercoledì.
Gli ripetevamo che doveva dimagrire, che il suo cuore non poteva reggere quella mole, che rischiava la vita, ma lui era così perché aveva quel corpo e aveva quel corpo perché era così, e un conto è chiedere a uno di dimagrire e un conto è chiedergli di diventare un altro.
Antonio Franchini, Leggere possedere vendere bruciare, 2022, p. 64