Il tuo 9/11
Ti ricordi dov'eri, di sicuro. Come tutte le altre volte in cui? Sì, in cui ti sei trovatǝ in mezzo a un trauma. Sicurǝ di sapere di che si tratta? E di come se ne esce?
23 anni fa dov’eri te lo ricordi. Lo stesso per l’inizio del lockdown. Cos’hanno in comune questi due nefasti eventi?
Sono traumi collettivi. NB: Anche se l’undici settembre non eri ancora natǝ, i traumi sono talmente dirompenti che il loro racconto ti è arrivato. Oppure li dimentichiamo, “apposta”: ma quella è un’altra storia. I traumi (collettivi) separano: c’è un prima e un dopo. Qualcosa si spezza, e per riprenderci dobbiamo ri-raccontarcela, quella storia.
Oggi Mercoledì si dedica a fare un po’ di pulizia sui traumi, partendo da Nicola Lagioia e arrivando a Salman Rushdie, che ha avuto un grande trauma personale e ha fatto quello che sapeva fare meglio, ci ha scritto su. In mezzo: un po’ di psicologia che ci chiarisca le idee.
Prima della stagione inaugurata dall'attentato alle Torri Gemelle, (...) gli Stati Uniti stavano finendo di attraversare piuttosto pigramente gli anni Novanta. Jean Baudrillard (citando lo scrittore argentino Macedonio Fernàndez) avrebbe parlato di "sciopero degli eventi", il lungo periodo durante il quale qualcuno si era convinto che la Storia fosse finita, che l'Occidente fosse il faro del mondo, che la democrazia fosse esportabile, che un regno millenario di benessere e pace universale avesse appena spalancato i suoi cancelli per un'umanità redenta. Ci sarebbero voluti due Boeing 767 scagliati contro il World Trade Center per buttare giù dal letto gli americani (...) per capire come la cultura statunitense (nonché la salute mentale dei suoi abitanti) da quel decennio d'oro ne stesse uscendo a pezzi.
Nicola Lagioia, Prefazione a Le correzioni di Jonathan Franzen, 2023
Prima e dopo Cristo, ante e post meridian: i traumi dividono il tempo e, come scrive Lagioia, diventa più chiaro cosa c’era prima. Quello che siamo diventatǝ dopo, invece, lo capiamo più in là. Chi scrive, ad esempio, sta capendo alcune cose di un trauma recente dalle cose che si sente dire.
Quando chiacchiero con una persona nuova - o che non conosco approfonditamente - mi capita sovente di ritrovarmi a tematizzare la pandemia. Dico e ascolto espressioni del tipo: “Sai, prima della pandemia lavoravo così, ora lo faccio diversamente”, o ancora: “Col lockdown abbiamo capito che era ora di cambiar casa”. Come se quel momento ci avesse cambiato molto più di quello che siamo dispostǝ ad ammettere. Capita anche a te?
In altre parole, qual è l’impatto del trauma nelle nostre vite?
A proposito, il lockdown ha impattato sullo spessore della corteccia cerebrale dei ragazzi (meno) e delle ragazze (di più, che fortuna): qui l’articolo italiano che ne parla e qui la fonte originale.
La gente, i governi, le norme sociali: dopo un trauma, inevitabilmente cambiano. E’ un movimento inarrestabile. L’impatto del trauma è rivelatore: d’un tratto, ci si accorge che le cose non funzionavano, che si vuole altro, che le scuse che ci eravamo raccontatǝ per tenere insieme tutto non reggono più. O ancora: che invece per affrontarlo abbiamo più energie di quelle che eravamo convintǝ di possedere.
Il lessico psicologico aiuta a dare un nome alle cose. Chi subisce un trauma ne è la vittima, chi lo supera è chiamato sopravvissutǝ. Da Primo Levi in poi, una sfilza di storie potenti sui traumi hanno illuminato la letteratura. Qui un breve elenco di romanzi che ho letto e che consiglio: pur trattando tematiche traumatiche, lo fanno con un tocco tutto loro.
Ah, ricordati: ogni domenica sulle storie di Instagram consiglio e sconsiglio i libri che ho letto in settimana!!

C’è però chi dice che ormai parlare di trauma nei romanzi e nelle serie tv è una moda (Fonte).
Mmm, ok: allora ecco un po’ di romanzi in cui le vicende raccontante no, non state inventate.

1. Che cos’è un trauma?
Ordine. Ci sono una marea di traumi diversi - traumi relazionali e traumi culturali, traumi che ci capitano da bambinǝ, traumi fisici, traumi indiretti, e tanti altri ancora. In sintesi, si possono dividere in:
traumi con la T maiuscola: eventi che minacciano l’integrità della persona o dei suoi cari e che causano - in loro e in noi - profondo malessere;
traumi con t minuscola: esperienze negative soggettivamente disturbanti, che non allarmano per un pericolo di vita ma che, tuttavia, provocano un intenso disagio.
Raramente siamo confusǝ sul fatto di aver subito un Trauma: spesso non solo perché la nostra vita ha un prima e un dopo, ma perché il corpo ce ne parla ampiamente (Fonte). E’ più subdolo, invece, capire se abbiamo subito un “traumetto” perchè è di minor entità ma di uguale disagio.
Il trauma dipende anche - in larga misura - da come lo guardiamo. Mark Epstein - psichiatra e scrittore che insegna alla NYU - lo analizza dal punto di vista della tradizione occidentale della psicoterapia e del buddismo, che pratica da anni. Interessante. Tra i suoi libri più accessibili, ti consiglio questi due.
2. Che succede DOPO?
ALERT - Non fare come quelli che leggono un compendio medico e si sentono tutto addosso, ok? Si chiama medical student syndrome (MSS) e ce n’è pure la versione psicologica: quella condizione in cui le persone pensano di soffrire delle cose psicologiche che stanno imparando (Fonte).
Post-traumatic Stress Disorder: è stato studiato per primo con i veterani di guerra per poi essere esteso anche a chi ha subito direttamente un Trauma legato a violenze fisiche, guerre, terremoti, tsunami, viaggi disperati, attacchi terroristici, gravi incidenti. Consiste in una spiccata attivazione neuro-psicologica: incubi, pensieri intrusivi, vissuti di depersonalizzazione, arousal.
La stessa cosa può capitare anche a chi non ha vissuto direttamente il trauma, ma ne ascolta i racconti. Si chiama Stress traumatico secondario e riguarda chi lavora con le persone traumatizzate: i soccorritori, gli educatori che lavorano con bambini abusati, assistenti sociali, psicologi, avvocati delle vittime.
Ipersensibilità: come per l’equivalente medico, è la reazione esagerata agli stimoli che hanno causato il dolore: tipo sale sulla ferita. Ecco perché quando si confonde con l’alta sensibilità fa ancora più male. Loro - gli ipersensibili - hanno subito un trauma, prima non erano così reattivi; noi abbiamo un gene che fa sì che la nostra percezione sia da sempre più amplificata.
Dipendenza dal trauma: aver subito un trauma (ODDIO MI SONO INCAGLIATA CON LE MAIUSCOLE E MINUSCOLE) è un fattore di rischio per la dipendenza da sostanze (non solo alcool e droga, ma anche gioco d’azzardo, dipendenze da internet, sesso, ecc.).
Al netto del fatto che c’è chi si rifugia lì per controbilanciare gli impatti emotivi del trauma (è la teoria del self-medication; Fonte), secondo una più recente visione, i traumi e le dipendenze possono co-esistere perché nella persona sono attive le medesime modalità di funzionamento neurofisiologico di trauma e dipendenza: grande impulsività, alti livelli di attivazione neuro-fisiologica e disfunzioni nei circuiti cerebrali della gratificazione (Fonte).
3. Primo soccorso di base
Intanto, avere una cultura minima del trauma. E’ un elemento talmente trasversale della vita - tua e delle persone che hai vicino - che richiede perlomeno due minuti della tua attenzione.
Veniamo da una cultura di falso stoicismo sui traumi: specialmente ai maschi, è richiesto implicitamente di farcela da soli. Che ca***ta galattica: la scienza ci ha spiegato in tutti i modi che da soli non ci si riesce! Parlarne guarisce. E cosa c’è di eroico nel rifiutarsi di guarire?
E però, continuiamo a non chiedere aiuto: qui si spiega perchè.
Dai un nome alle cose: sei sopravvissutǝ o sei statǝ toccatǝ da un trauma, impara a chiamarlo col suo nome.
Ad esempio: evento naturale potenzialmente catastrofico (si chiamano così i terremoti, le alluvioni, gli allagamenti); lutto; violenza domestica e violenza assistita (quella di chi assiste alla violenza di altri, tipicamente è quella dei bambini i cui genitori usano la violenza nella loro relazione).
Distingui: di che tipo di trauma si tratta (vedi sopra)? Sei tu la vittima o un testimone?
Ascoltati. Che cosa ti sta capitando? Come ti senti? Il tuo corpo come lo senti?
Obbligati a parlarne: con chiunque, finché non trovi la o le persone con cui parlarne diventa più facile. Il metodo consigliato è: racconta la storia, dì chi ti ha ferito e com’è accaduto (Fonte).
PER CHI E’ GENITORE: Chi nelle “fasi calde” della crescita non trova l’interlocutore con cui parlare di ciò che ha subito e che gli riconosca una rilevanza traumatica, finisce per chiudersi in se stessǝ. Col risultato? Che, fra le mille cose che gli possono succedere, di sicuro sarà accompagnatǝ da un profondo senso di vergogna: un’emozione viscida che ci fa sentire sbagliatǝ per ciò che siamo, non per quello che facciamo.
Se ne stai già parlando con unǝ professionista, assicurati che sia formatǝ sul trauma e che certi testi li abbia letti. Faccio un brainstorming fra colleghǝ e ti saprò dire presto quali testi sono irrinunciabili. Per ora mi viene in mente, per chi lavora con sopravvissutǝ a violenze sessuali, questo testo.
BONUS TRACK - ATTENZIONI PER PERSONE ALTAMENTE SENSIBILI
Sì, d’accordo - ciò che per altrǝ è vita quotidiana, per le persone altamente sensibili può diventare qualcosa di molto più ansiogeno, finanche realmente traumatico. In ogni caso:
Durante un incidente: è provato che, in condizione di emergenza, le persone altamente sensibili iper-funzionano. Tendono ad essere efficienti, caring e responsabili;
Occhio al dopo: a differenza degli altri, sono più vulnerabili agli effetti post-incidente, particolarmente se la loro salute mentale e fisica è già un pochino compromessa;
Occhio anche al “dopo-dopo”
La nostra mente è probabilmente un po' più danneggiata da queste esperienze di sovraccarico. La flessibilità del nostro cervello nel gestire futuri eventi stressanti diventa quindi leggermente ridotta, il che fa sì che, quando attraversiamo di nuovo un periodo stressante, anche lieve, possiamo avere più difficoltà rispetto alle persone non altamente sensibili. (…) Certo, possiamo dire che le persone altamente sensibili sono nate più vulnerabili all’ansia e alla depressione, ma suonerebbe così strano come dire a chi è biondo: “Hey, guarda com’è carino quel tipo con gli occhi blu che ha un sacco di probabilità di sviluppare un cancro!”.
Elaine Aron, The Highly Sensitive Person’s Workbook, p. 196
So che oggi non è stato facile leggere: grazie per averlo fatto! ;))
Diffondi questa mail alle persone di cui ti importa qualcosa: é importante contribuire ad una cultura in cui il trauma sia qualcosa di cui possiamo parlarne tranquillamente, tuttǝ insieme.
Per commenti, basta rispondere a questa mail – e sì, rispondo a tutte le mail.
M(ercoledì)arzia
Dalla lettura del Mercoledì.
Per chi subisce una violenza, la facoltà di comprendere il reale entra in crisi. (…) La violenza infrange il quadro. All’improvviso, ci si ritrova in un ambiente di cui non si conoscono più le regole: cosa dire, come comportarsi, quali decisioni prendere. Non si distinguono più i profili delle cose. La realtà si dissolve e viene sostituita dall’incomprensibile.
Sulman Rushdie, Coltello, 2024