Non chiamateci "bloccatǝ": siamo in PtoC
Che cosa significa quando ti blocchi, perché ha i suoi vantaggi evolutivi e come ci si sbocca, se necessario.
Mercoledì è stata in silenzio per un po’. Possiamo dirci che si è bloccata? Ma sì, dai, è del tutto probabile. Per ogni persona altamente sensibile, fermarsi più dei cosiddetti altri è fisiologico. Si chiama “pause to check”: è un meccanismo osservato anche negli animali “altamente sensibili”.
Partiamo dagli studi genetici. 1997 e poi 2008. Nel primo studio, si scopre il meccanismo del “pause to check”, nel secondo lo si verifica in più di 100 specie di animali. Per esempio, nei pesci-pagliaccio (sì, Nemo) - ma anche nei roditori, uccelli, capre altamente sensibili.
Se inseriti in un nuovo ambiente, gli animali con il gene dell’alta sensibilità reagiscono più lentamente: si fermano, osservano meglio, ascoltano. Solo dopo un po’ di tempo, si inseriscono nell’ambiente, con strategie più raffinate di chi è entrato prima.
E’ per questa ragione che il “pause to check” di una minoranza di individui all’interno di una specie è estremamente utile a loro stessi e alla specie intera. Permette al gruppo di prendere complessivamente meno rischi, subire meno perdite e adattarsi meglio all’ambiente. Basterebbe questo per chiudere bottega e dire che il tratto dell’alta sensibilità ha i suoi vantaggi evolutivi per chiunque, ma continuiamo.
Tradotto in termini di funzionamento umano, il “pause to check” può suonare così:
di fronte a nuovi stimoli (o a stimoli vecchi che sembrano nuovi: per noi è sempre la prima volta, lo spiegavo qui tempo fa), lo sforzo è tutto centrato a osservare che cosa sta succedendo - a scapito della nostra velocità (non siamo centometristi della decisione, ecco);
scatta la comparazione con altri o con situazioni simili del passato: grazie alla memoria emotiva attivata, ci ricordiamo meglio che cosa ha funzionato e cosa no (e poi ti chiedi perché stai sempre lì a paragonarti agli altri e a pensare al passato);
quando c’è qualche rischio di mezzo, da fuori sembri immobile: in realtà, stai controllando la situazione, mentre gli altri stanno già reagendo, magari combinando un sacco di guai;
la reazione - anche impegnativa e coraggiosa - arriva, ma dopo. Può essere un comportamento evitante, o più elaborato. Raramente è una cattiva idea, perché è meditata e strategica;
certo, ha i suoi costi. Siccome a livello di sistema nervoso centrale l’elaborazione è più approfondita, si “consuma” di più. Col risultato che, terminata la scelta o la performance, si percepisce di non avere più risorse. Il recupero richiesto diventa incomparabilmente maggiore rispetto ad una persona non altamente sensibile.
Perché succede?
Per via di 2 caratteristiche-chiave dell’alta sensibilità: la maggior profondità di elaborazione delle informazioni (raccogliamo più informazioni della media e le analizziamo con maggior dettaglio) e l’alta reattività emotiva. Vuoi un esempio? Eccolo: vedi qualcosa che non ti aspetti in giro e hai reazioni scomposte? Questa è alta reattività.
Vale anche per reazioni a cose belle o di fronte ad una novità. Se sei altamente sensibile, ci metti taaaanto tempo per accettare le cose.
Per accertarti di essere altamente sensibile, qui trovi il podcast di @healthybusylife dove abbiamo parlato di alta sensibilità. Per capire a quale tipologia ti avvicini, qui trovi un altro test.
Che succede?
Nel libro “Psychotherapy and the Highly Sensitive Person”, Elaine Aron - colei a cui si deve questa “scoperta” - descrive il “pause to check” come un comportamento perfettamente normale per persone altamente sensibili. Scrive:
Alle persone altamente sensibili capita di stare in disparte in una situazione per un po' prima di entrarci. (…) Può sembrare, o diventare, timidezza. (…) Può sembrare compulsività, così come il desiderio di considerare tutte le conseguenze di un'azione potrebbe sembrare ansia cronica. Ma non è questo.
Chi di noi, soprattutto da piccolǝ, non è passato dal PtoC:
il primo giorno di scuola?
ai saggi, alle partite, agli eventi in cui occorreva mostrare qualcosa o prendersi dei rischi (fisici o sociali)?
agli esami?
ogni volta che dobbiamo parlare in pubblico?
la volta dopo una delusione?
Cosa potrebbe essere - ma non è - bloccarsi?
Non è indecisione: al contrario. E’ prendere molto sul serio l’arte di decidere. Solo che occorre mettere in conto tempi più lunghi. A breve su questi schermi: modalità per “decidere meglio” da altamente sensibili.
Ben che meno è debolezza: solo perché non siamo come gli altri, non significa che siamo da meno. Una decisione articolata e giustificata è molto più forte della reazione ad un impulso.
Tutt’altro che timidezza. A parte il fatto che il 30% di altamente sensibili è estroversǝ, ma poi si tratta di un meccanismo che ci fa preferire ambienti che conosciamo meglio e con meno stimoli. Tipo: meglio una serata con cari amici rispetto ad una con perfetti sconosciuti in un nuovo locale. Niente che abbia a che fare con la timidezza, appunto.
Non è inibizione totale in un’area di vita. Detto altrimenti: i blocchi del “PtoC” sono momentanei. Se diventano duraturi non è per via del gene dell’alta sensibilità, ma perché c’è un trauma di mezzo. Meglio ricorrere a uno specialista, nel caso, senza farsi troppe paturnie. Il trauma non è mica una colpa.
Come se ne esce, quando ci blocchiamo?
Elaine Aron suggerisce il metodo delle 4D.
DELIBERAZIONE. Certo, abbiamo bisogno di più tempo, ma diamoci delle scadenze precise. Mettiamo un timer, scriviamoci in agenda la deadline, facciamola decidere da qualcun altro: quale che sia. Il nostro amato “pause to check” deve avere una scadenza. Altrimenti è un inferno.
DISCUSSIONE. Parliamone con qualcuno, anche a voce alta.
È vero che molte persone altamente sensibili elaborano internamente - il che significa che non sempre sentiamo il bisogno di discutere le cose con qualcun altro- ma c'è comunque un valore nel sentire i propri pensieri ad alta voce.
DISCERNIMENTO. Per uscire dal loop delle preoccupazioni e delle ruminazioni, occorre valutare le cose per quelle che sono. Il vecchio metodo dei pro e contro, chiedere una consulenza a qualcuno, raccogliere info. Tutte opzioni valide.
DECISIONE. Finalizzare il processo è la cosa più importante che ci sia, arrivatǝ a questo punto. Ci permette di uscire dall’indeterminatezza e, soprattutto, di sollevarci per un po’ da tutte le emozioni implicate. E poi, diciamocelo: arrivatǝ a questo punto abbiamo talmente tanti dati che possiamo andare sul sicuro. O diventa del tutto evidente l’alternativa giusta per noi, o, se non è così palese, abbiamo comunque raccolto opzioni sicuramente sensate col nostro naso analitico. A quel punto, vale anche il buon vecchio metodo della monetina.
PLUS: Riprendiamo a compilare il CalenDIARIO, quello strumento che mi sono inventata a costo zero (beh, quasi) per allenarci nella gestione psicologica del tuo primo strumento: te stessǝ! Il mese di maggio è dedicato all’esplorazione di emozioni esotiche, e di quando ci siamo sentite esotiche noi stessǝ. Spesso dimentichiamo, infatti, che è spesso nelle occasioni più inusuali che impariamo cose sul mondo e su di noi. Qui il link per scaricare il CalenDIARIO di Maggio.
Grazie per aver letto fino a qui! ;)
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M(ercoledì)arzia
Dalla lettura di Mercoledì.
“Non lo finirò mai quel maledetto quadro”, dice.
“Perché no? che ti prende? Ti ho trattato come un figlio”, gli risponde l’uomo che gli ha commissionato il quadro.
E Fidelman: “Ho un blocco, ecco”.
Bernard Malamud, Nudo svestito (Prima gli idioti), 1963
Bentornata e grazie sempre 🌸