Questo Halloween, vestiti da Mary [Shelley]
Storia di un'eroina a cui si deve un mostro, molte parodie, e tanto coraggio. In più: un racconto di Halloween per persone sensibili e una guida a libri e mostre di DONNE CORAGGIOSE
Halloween é quel momento dell’anno dove scopri chi è infognatǝ (pare il 60%, tra genitori con figli piccoli e gente fino ai 34 anni) e chi no. C’è chi si traveste e chi inorridisce. Si direbbe: è una festa divisiva. Ma va là, guardiamola da un altro lato. Che ci piaccia o no, Halloween ha permesso di rivalutare il gotico - che è un genere tutto suo. E qual è il romanzo più gotico? Per me, Frankenstein.
Alert: da altamente sensibile, in pochissimǝ possiamo avventurarci dentro Frankenstein (perlomeno il film, di cui esistono più di 100 versioni cinematografiche): troppe emozioni, si rischia una reattività eccessiva, incubi e ricordi molesti per giorni. A lui, il “mostro”, chi scrive preferisce lei, lei che l’ha inventato: Mary Shelley. Figlia di Mary Woolstonecraft - scrittrice e protofemminista inglese - e di William Godwin - a cui è dedicato il romanzo - é conosciuta col cognome del marito, Percey Shelley. Eppure, la sua è una storia straordinaria che ci racconta di una funzione psicologica, il coraggio interno. Che cos’è e come possiamo essere più coraggiosǝ?
In questa newsletter:
ti faccio scoprire qual è l’origine di alcune espressioni che si usano, specialmente ad Halloween;
uso Halloween per parlare di donne e coraggio. E la storia di Mary Shelley, ti assicuro, è illuminante;
ti regalo un racconto del 1912 (che sembra uscito ieri) a tema Halloween che attacca di persone sensibili;
ti suggerisco alcune mostre di artiste coraggiose in giro per l’Italia - e qualche libro a tema Halloween scritto da ragazze coraggiose.
Questo Halloween ti verranno in mente un sacco di espressioni senza sapere da dove vengono.
“Era una notte buia e tempestosa”, per esempio. E’ l’attacco dei “Tre Moschettieri”, il capitolo in cui Milady - ex amante di Athos - viene accompagnata a morire, nella valle del Lys. Pare che Dumas, a sua volta, l’abbia rubata da un romanzo americano che iniziava così: “It was a dark and stormy night“ (Fonte)
“Si può faaare!”. E’ una delle parodie più conosciute, ma prima di tutto è una storia sull’amicizia, quella di Frankenstein junior (che compie 50 anni quest’anno ed è visibile al cinema nella versione restaurata: qui i dettagli). Nel suo periodo di massima crisi economica, Mel Brooks - nome de plume di Melvin Kaminsky - incontra un comico squattrinato che vive di teatro, Gene Wilder. I due si piacciono, puntano tutto su un film in bianco e nero che possa essere un omaggio irriverente al cinema che per loro è stato importante. Viene fuori il motivo per cui ogni tanto possiamo urlare “SI PUO’ FARE” senza essere presǝ per mattǝ. Come conosco questa storia? (Ecco la mia Fonte)
E, infine, il nostro Frankenstein: che non è il nome del mostro, ma del suo inventore, il dottor Viktor. “Era una terribile notte di novembre”, attacca il capitolo in cui avviene la sua nascita.
A chi si deve questa idea? A Darwin e al bolognese Galvani, pensa tu. Il primo scrive un articolo particolare, molto prima della selezione naturale: un giorno, un lombrico conservato per anni in una boccia, si risvegliò. Panico: ciò che Darwin credeva morto, non lo era per niente. Il secondo, Luigi Galvani, scopre che c’è elettricità nei corpi. 1+1 e Mary Shelley fa 2.
Altra cosa che non sai - e, molto probabilmente, è del tutto trascurabile - Frankenstein è uno fra i romanzi preferiti di Baby K, rapper italo-thailandese (Fonte).
L’avresti mai detto? Deviazioni a parte, ecco la storia di Mary.
La sua storia - di cui tuttǝ abbiamo in mente il ritratto

Perché la sua è una storia coraggiosa?
Intanto, il nome. Anche se è conosciuta col cognome del marito, lei si firmerà sempre Mary Wollstonecraft Godwin, prendendo il nome anche della madre. La quale la lascerà orfana molto presto, alle prese con un padre non facile, ma che perlomeno gli fa incontrare Shelley.
A 14 anni, però, scappa di casa. E’ incinta del poeta, che è già occupato con figli. Che importa. Lo seguirà in Europa, partorendo, e poi vedendo morire la prima figlia, fino ad arrivare alla notte fatale. Ha compiuto da poco 18 anni.
Era una notte buia e tempestosa. Mary è in Svizzera, a Villa Diodati, sul lago di Ginevra, ospite di lord Byron, insieme a Shelley. Di fronte al brutto tempo e all’impossibilità di uscire, il padrone di casa propone: “Facciamo che usiamo questa notte per scrivere una storia di fantasmi. Ci ritroviamo domattina e vediamo com’è andata”. Ovviamente, la mattina seguente, solo chi ha proposto il gioco ha il racconto bell’e pronto (un poema dal nome Mazeppa, chi l’ha mai sentito). Mary è costretta a dire che no, non ha niente in mano, ma je rode: lei ha sempre accettato - e vinto - anche le sfide più complesse. Ricordiamolo: è un’adolescente che viaggia da sola, è lontana da casa, ha già partorito una bimba prematura, morta poco dopo, che il padre non può riconoscere. La notte seguente, però, avviene la magia, o meglio, l’incubo. Dopo una lunga discussione sulle nuove scoperte scientifiche (vedi sopra), va a dormire e sogna un corpo che si risveglia per mezzo dell’energia elettrica. La mattina dopo, inizia a scrivere Frankenstein.
Non sarà facile perseverare e chiudere il romanzo. Ha una collocazione sociale instabile e nessun patrimonio. Il suo amante, che crede nel suo talento, la incoraggia: “Si può fare, Mary”.
Ci vuole coraggio
Il romanzo esce che lei ha appena compiuto vent’anni, anonimo (1818). Un successo clamoroso, in tutta Inghilterra, tanto che ne fanno subito trasposizioni teatrali. E’ la storia di un uomo che inventa qualcosa di nuovo ma che poi, spaventato, scappa dalla sua creatura, lasciandola sola. Che, da par sua, va in giro a far danni e poi si spegne per troppa tristezza. Ricorda forse qualcosa?
Solo nell’edizione del 1832, quella che possiamo leggere anche noi, Mary si rivelerà come l’autrice. Tradotto: ci vuole coraggio (e tempo) a venir fuori. Anche per vivere la sua, di vita. Mary dovrà giostrarsi fra creatività, sfighe abissali - alla fine sposerà Shelley, ma solo perché la prima moglie si suicida. Partorisce tre figli che muoiono presto, e per tutta la vita dovrà aver a che fare con maldicenze e truffe ai suoi danni, più parenti inutili di cui dovrà occuparsi lei stessa. Ah, soffre per tutta la vita di una grande psoriasi al braccio, di mal di testa invalidanti e penosi problemi intestinali.
Il suo è un coraggio sensibile, senza dubbio. Un coraggio psicologico, che consiste
quando l’attivazione è principalmente interna. Significa agire nonostante i rischi che derivano dalle proprie paure. (E’ di un manuale psicologico, purtroppo non mi ricordo più la fonte)
Ci torneremo.
Intanto, auguriamoci coraggio, ragazzǝ, che ne abbiamo tuttǝ molto bisogno. Per allenarci, un po’ di references.
Donne coraggiose, da vedere
A Torino: fino al 9 marzo, alla GAM c’è Berthe Morisot. Pittrice impressionista, che raccoglie la storia e le opere di una ragazza eccezionale: amante di Manet, a lungo trascurata perché donna, è nel gruppo fondatore degli Impressionisti (ma nessuno se lo ricorda). La mia amica Anna dice che la mostra è formidabile - e io mi fido del suo sguardo.
A Milano: fino al 16 febbraio, al Mudet c’è la prima retrospettiva antologica completa di Niki de Saint Phalle, che non è solo quella delle sculture al Giardino dei Tarocchi di Capalbio, anzi.
A Ravenna: fino al 15 dicembre, alla Fondazione Sabe c’è la mostra FOTOGRAFIA E FEMMINISMI. Storie e immagini dalla Collezione Donata Pizzi, mostra collettiva in collaborazione con l’Università di Bologna. E’ gratuita!
Al Guggenheim di Venezia: fino al 3 marzo, Marina Apollonio, “Oltre il cerchio”. Un’artista di optical-art che è conosciuta per il suo lavoro su geometria e psicologia della percezione. Dalle immagini mi sembra molto instagrammabile.
A Firenze: fino al 2 febbraio, a Palazzo Strozzi c’è Helen Frankenthaler ”Dipingere senza regole”, la più grande mostra mai realizzata in Italia sull’artista americana che nella sua vita aveva un’unica regola: la libertà.
A Roma, a Palazzo Braschi, fino al 25 marzo, c’è Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo (titolo non felice, d’accordo, ma sono più di 100 opere raccolte per la prima volta insieme), tra cui spiccano Artemisia Gentileschi e Plautilla Bricci (le conosci se hai letto Melania Mazzucco). Gratis ogni prima domenica del mese.
A Stoccolma, all’ArkDes, fino al 31 agosto una mostra che arriva in Europa: Designing Motherhood: Things That Make and Break Our Births che, pur non raccogliendo tecnicamente solo artiste, è un tributo alla nascita e alle questioni femminili, attraverso il design. Consigliata da sua maestà Olimpia Zagnoli.
Donne coraggiose, da leggere

Come promesso, chiudo con un racconto a tema Halloween che ha un attacco strepitoso sulle persone sensibili. “The whisperers” di Algernon Henry Blackwood, 1912. Lo scarichi qui. Ocio: è visibile solo per una settimana.
Buon Halloween, e grazie per aver letto fino a qui! ;)
M(ercoledì)arzia
Dalla lettura del Mercoledì.
Era già l’una del mattino; la pioggia batteva sinistra sui vetri e la candela avrebbe presto dato i suoi ultimi guizzi quando, alla luce che stava per spegnersi, vidi aprirsi i foschi occhi gialli della creatura; un ansito e un moto convulso le agitarono le membra.
Mary Shelley, Frankenstein, p. 62 [ed. 2011 Einaudi]