Resolutions de che?
Perché non funzionano, e quali alternative.
E’ QUEL momento dell’anno in cui i kg di cui vorresti disfarti - li hai già persi e ripresi solo pensandoci -, ti sei iscrittǝ - e contemporaneamente cancellata - in palestra, hai prenotato cose che già sai che non farai, e, soprattutto, hai detto “SI” mentre pensavi: “STAI SCHERZANDO, VERO?!”. Bene, partiamo dai fondamentali.
Perché i buoni propositi non funzionano con le persone altamente sensibili?
Diciamocelo francamente: i buoni propositi sono ansiogeni. Spingono al cambiamento, che può provocare paura. E l’ansia risuona parecchio in chi la prova abitualmente - o in chi fa di tutto per nasconderla. Per esempio, nel test della scorsa settimana si definisce ansioso il 64% di noi. Un dato interessante.
“Anno nuovo, vita nuova” incorpora l’idea che si debba a tutti i costi cambiare. Per quali ragioni devo farlo? E perché proprio ora? O a settembre, altro grande turning point sociale. Ecco, questa pressione sociale al cambiamento di inizio anno solletica il senso inadeguatezza, che a noi neurodivergenti non aiuta per niente. Sempre la scorsa settimana, unǝ di noi scriveva: “Un qualsiasi nuovo imprevisto mi paralizza. Lo trovo un po’ ingiusto e mi rimprovero spesso qualcosa, ma al tempo stesso cerco un capro espiatorio”. Sbaglio o altre pressioni non ci servono?
Si attiva il bias cognitivo della negatività, la tendenza automatica a prestare più attenzione alle info negative e che, quindi, ci fa percepire di più le perdite dei guadagni. Tradotto in buoni propositi: magari ci lamentiamo di cose che abbiamo in realtà già superato. Un esempio? Ieri ho rivisto una mia foto del 2008. Ai tempi ricordo distintamente di aver pensato che non potevo piacere a quello che è diventato poi mio marito. E invece. (Per una lista dei bias cognitivi leggi qui)
Spesso, poi, i buoni propositi sono del tutto insostenibili a livello psicologico. Attenzione: per sostenibilità qui si intende la reale e sistemica possibilità di mettere in campo il cambiamento sperato. Hai voglia, ad esempio, a dire che desideri dimagrire se in famiglia si mangiano tutti i giorni lasagne e parmigiana. Che fai, cambi casa per fare la dieta?
C’è un altro bias interessante implicato nei buoni propositi: il bias di risultato, che ci fa del tutto sottostimare il processo che ci porta a raggiungere qualcosa e che, quindi, ci fa giudicare le decisioni in base SOLO ai risultati ottenuti. Tradotto potrebbe suonare: Valgo solo se riesco a raggiungere quel risultato. Che peccato, così si perdono tanti parti della strada percorsa. Anche qui c’è una chiara pressione performativa a vedere solo i risultati - senza rendersi conto di quello che c’è dietro: anche sofferenza, terra bruciata e solitudine.
Come scrive Francesca Deane di @healthybyusylife, i buoni propositi rischiano poi di non essere collegati alla visione di lungo periodo su chi vuoi diventare - chi, non cosa. Ne parlavo anche qui.
Con il risultato che, anziché aiutarci, i buoni propositi riducono il nostro cervello così (abbassa il volume se sei con altrǝ).
C’è una soluzione? Ma certo! - Ecco alcune idee qui sotto.
BUONI PROPOSITI ALTERNATIVI
1. Fare una lista delle letture dell’anno
Che le letture debbano avvenire a caso, se ci pensi, è un grande spreco. E’ vero che anche leggere è frutto di una buona dose di serendipità, ma una lista di letture può fare la differenza. Come ogni lista, va scritta.
Alla fine dell’anno, poi, ripercorrendola, ci si sente meglio. Perchè?
Tener traccia delle proprie letture è come ripercorrere le varie parti dell’anno e si riesce a memorizzare meglio che cosa è successo. Che cosa ho fatto lo scorso febbraio? Ah, sì, aspetta: guardo la lista dei libri e lo ricollego al libro che avevo sul comodino in quel momento.
Si ha materiale per fare le classifiche: il libro più fastidioso dell’anno; quello in cui ho versato tutte le mie lacrime, la più cocente delusione, il romanzo che se ancora ci penso mi brillano gli occhi.
Su un quaderno rosso, Mercoledì sceglie i libri da leggere ogni gennaio facendo un giochino con le categorie. Ad esempio, "devo leggere almeno un libro di un genere letterario mai frequentato. Un epistolario, almeno 3 libri di autrici donne, e 5 classici della letteratura russa". Poi, non è detto che rispetti questo elenco, ma quando ci riesce è una festa. Per esempio, con questo giochino nel 2023 ha scoperto Alberto Prunetti e la letteratura working class, una bellissima autobiografia graphic novel (Heimat, di Nora Krug) e ha finalmente letto "Una storia comune" di Goncarov, trovandolo un genio. E' quello di Oblomov, per intenderci.
Alcune liste a cui ispirarsi:
Libri di autrici donne indispensabili consigliate da Elena Ferrante;
Libri consigliati da Harry Stiles. Sì, proprio lui;
Bianca Pitzorno ci ha scritto un libro sopra: stupendo;
Classifica trimestrale de L’Indiscreto su narrativa, saggistica e poesia italiana e straniera uscita lo scorso anno;
Per chi vuole puntare tutto su nuove uscite in lingua inglese: la classifica Sheperd.
2. Programmare i piantini
Noi persone altamente sensibili piangiamo più del cosiddetto normale, no? Benissimo: e se ci “investissimo su”? Cioè: se decidessimo a tavolino in quale giorno piangere a comando per “sfogare” questa necessità? E’ provato che chi piange una volta a settimana sta meglio. Meglio piangere per “induzione” che farlo perché si è nei guai, no?
Hanno inventato un sito apposta, che raccoglie video che fanno piangere - alcuni commuovono, altri sono strazianti, tutti in inglese (ma sono temi e scene talmente universali che si capiscono anche se non siamo madrelingua). Eccolo: https://www.cryonceaweek.com/?utm_source=substack&utm_medium=email
3. Fare decluttering
Riprendo da Valeria Da Pozzo di @storialiberatutti l’idea di iniziare dalla scrivania. Quante cose hai attorno che occupano più spazio di quello che servirebbe? Il principio è: togliere tutto quello che non è necessario (buttare, vendere, regalare, eliminare). Mai aggiungere. Mi sembra un buon modo per iniziare l’anno per chi è altamente sensibile.
Adottare un approccio di accettazione dell’alta sensibilità è connettersi con sé stessi senza che questo significhi tagliarsi fuori da tutto il resto. Ma serve anche tagliare, sì.
Che si tratti di “spazzatura emotiva” o di quella pila di fogli sulla scrivania. Qui un paio di letture a tema. Ah, Epstein è fuori catalogo - cercalo in biblioteca.
4. Investire nella propria salute
Come per i buoni propositi, se non si pianifica la prevenzione o il controllo dei nostri acciacchi - ragazzǝ, lo dico anche alle giovincelle! -, non ci si può poi stupire di aver poi a che fare con le emergenze. Lo scrivo avendo molto chiaro che CORPO e SALUTE sono ambiti complicati per gli altamente sensibili. Alcunǝ fra noi hanno imparato a proprie spese che debbono prendersene cura - spesso perché hanno ricevuto un bel colpo di coda! - altrǝ nicchiano, complice una buona salute di base. Non aspettiamo di avere problemi per prendercene cura. Vale anche per la salute mentale: chi l’ha detto che si va dallo psi quando le cose vanno male? Meglio andare quando non si hanno grandi tragedie in corso - è più economico e aiuta a gestire i problemi, quando arriveranno. NB: Questo, poi, è un periodo dell’anno in cui ci sono più slot per le visite e per i dottori, perché la maggior parte della gente riprende con l’8 gennaio.
Se non abbiamo un gran feeling con la prevenzione, spesso è per via dell’educazione alla salute che abbiamo ricevuto. Se, con tutta probabilità, abbiamo genitori altamente sensibili che non sanno di esserlo (ne parleremo presto), può essere che non ci abbiano dotato dell’abitudine di prenderci cura di noi stessi, purtroppo.
5. Last but not least: Il CalenDIARIO
E’ uno strumento che mi sono inventata anni fa - complice la pandemia - ma vale sempre. Anzi: vale di più perché è stato testato. Mezzo calendario, mezzo diario, è una modalità di stare dietro a sé stessi, allenando la capacità di ascoltarsi e di uscire dalla zona di confort con sfide e nuove consapevolezze. Non è pedante, ma un modo per tenere traccia del mese mentre lo si vive.
Pensato per altamente sensibili, il CalenDIARIO dà una serie di stimoli: non troppi e non troppo pochi (come serve a noi). Poi, a fine mese, si fa la review e ci si scrive com’è andata. Si, perché il CalenDIARIO va stampato.
Il tema di gennaio? La progettazione delle consapevolezze. Per arrivarci, tracciamo - giorno per giorno - l’emozione prevalente, per capire, alla fine, qual è quella che riguarda di più. E poterci fare i conti.
Lo scarichi qui.
Insomma: Buon Anno e Grazie per aver letto fino a qui! ;)
Ci sentiamo a fine mese. Se vuoi recuperare i test che sono usciti nello scorso post, li trovi qui.
M(arzia)ercoledì
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