Se conoscessi - per intero - la storia di Stakhanov, forse non lavoreresti così (tanto)
Altamente sensibili e troppo lavoro: che rischi corriamo e che cosa ci protegge
Pensiamo di conoscere tuttǝ la storia di Stakhanov, minatore di origine ucraina. E invece.
Il 30 agosto 1935, a Kadievka, l’organizzatore politico della miniera Irmino-Centrale, Konstantin Petrov, bussò alla porta del picconiere Aleksej Stakhanov, gran lavoratore. Mosca, disse, era scontenta: si estraeva poco carbone e con metodi superati. Quella notte stessa Stakhanov scese nelle viscere della terra. L’indomani il giornale locale annunciò: “In un turno di sei ore ha estratto centodue tonnellate di carbone, il dieci per cento della produzione quotidiana della miniera, percependo duecento rubli”. La notizia venne ripresa da tutti i giornali dell’Unione, che dimenticarono di spiegare come era stato ottenuto il “record mondiale di produttività del lavoro”: due carpentieri avevano accompagnato Stakhanov nella galleria occupandosi di installare le centine, permettendogli di usare il martello pneumatico senza un attimo d’interruzione.
Serena Vitale, A Mosca, a Mosca!, pp. 61-2
La gloria di Stakhanov comincia con un OMISSIS grande come una casa: c’erano anche altri - grazie tante -, e il martello pneumatico. Finisce addirittura sulla copertina del Times dell’anno.
Certo: dopo pochi mesi, la sua impresa è un mito in tutto il mondo: viene fondato il movimento Stakhanovita globale e i risultati sono sorprendenti. Aumenta la produttività, le persone al lavoro rendono di più e sono più contente.
E’ lì, però, che la sua storia personale inizia a complicarsi.
Lo portano in giro come un trofeo. Si esaurisce, anche perché lui sapeva fare il minatore, mica il promoter. Inizia a bere: abitudine piuttosto diffusa in Russia, pare. Il regime lo viene a sapere e lo punisce con un confino ad intermittenza - se serve, lo tirano fuori per qualche celebrazione. Poi, di nuovo dentro. Nel frattempo, in Patria, per chi sa tutta la storia, perde una “h”: da Stakhanov diventa Stakanov - da stakan, bicchiere.
Irredimibile, arriva per lui la riabilitazione staliniana. Fine della sad - but not old (!) - story.
Perchè ci interessa?
Ti elencherei tutti i motivi, ma faccio notte. Perlomeno per l’inizio della sua storia, Stakhanov sarebbe chiamato oggi workaholic. Il nome fonde alcolismo e lavoro, ma non c’entra col bere. Per workaholism si intende, infatti, la dipendenza a lavorare eccessivamente e in modo compulsivo.
ALERT: Mercoledì non vuole produrre diagnosi, ma attivare riflessioni. Se pensi di soffrire di un disturbo di questo tipo (o di un altro), parlane con un clinicǝ.
Quella del workaholism è una condotta talmente diffusa - e forse socialmente accettata - che su Pinterest c’è il tag workaholic estetics: decine di foto di faldoni, pc e gente che dorme vestitǝ da lavoro. Insomma, il mito di lavorare fino a sfondarsi resiste.
Molti prodotti culturali hanno, poi, rinforzato questo stereotipo sulla produttività a lavoro. Quando hanno provato a decostruirlo - come l’altra sera - il danno era già stato fatto.
In ogni caso, il workaholism ci riguarda tuttǝ perché:
è un rischio di tutte le professioni;
le sue componenti sono le stesse che vengono promosse dalla scuola, prima, e dagli ambienti lavorativi, poi: forte spirito di competizione, iperattività, difficile relazione con il tempo libero, spinta all’autorealizzazione professionale;
non si riesce a staccare, con aumento di episodi di malessere di vario genere. Ne abbiamo parlato qui;
non c’è mai soddisfazione, compiacimento, compiutezza. E non è detto si lavori di più e meglio, perché la qualità del lavoro può anche essere bassa.
E gli altamente sensibili?
Più di altrǝ rischiamo di finirci dentro, ahinoi. Parola di chi ha scoperto l’alta sensibilità per prima.
Se siete una persona altamente sensibile tipica, potreste essere una perfezionista maniacale, e potreste diventare per voi stessi il capo peggiore con cui abbiate mai lavorato.
Elaine Aron, 1996, pp. 192-3
Studi più recenti (su dentisti, infermieri, medici e insegnanti) stanno approfondendo il rapporto delle persone altamente sensibili con il proprio lavoro. Ad esempio, si è scoperto che:
chi è altamente sensibile rischia più di altri l’esaurimento emotivo del burnout (Fonte) o di vivere i traumi dei propri pazienti/clienti come se fossero i suoi, che è lo stress vicario (Fonte);
per gli insegnanti altamente sensibili, grande fonte di stress sono le scadenze e i conflitti con colleghǝ (Fonte).
Se, poi, siamo altamente sensibili e talentuosi al lavoro, abbiamo qualche ulteriore questione da gestire.
Innanzitutto, la vostra originalità può diventare un problema, quando dovete presentare le vostre idee in un gruppo. (…) In secondo luogo, potreste sentirvi intensamente entusiasti del vostro lavoro e delle vostre idee. Gli altri, vedendo il vostro entusiasmo, potrebbero pensare che rischiate troppo. A voi i rischi non sembrano troppi, perché siete sicuri del risultato. Ma non siete infallibili. (…) Per voi il lavoro è gioco. Il vostro vero problema sarebbe non lavorare. Se è questo il vostro caso, dovreste tener segreto il fatto che lavorate tanto, a tutti tranne che al vostro responsabile. (…) Un’altra conseguenza dell’entusiasmo è che la vostra mente irrequieta potrebbe portarvi verso altri progetti prima di aver completato l’ultimo, cosicché gli altri potrebbero raccogliere i frutti di ciò che voi avevate seminato.
Elaine Aron, 1996, 198-9
Cosa funziona, allora?
Un sacco di cose. Ma, intanto, non dimentichiamoci di tutto quello che l’alta sensibilità ci dà sul lavoro, non solo quello che ci toglie.
Grande empatia
Intuizione sviluppatissima
Capacità di leggere quello che succede prima degli altri
Percezione aumentata
Per contrastare il rischio di workaholism, per noi noi funziona:
usare il senso estetico: chi fra di noi ha buon gusto è più protettǝ dal burnout e ha più soddisfazioni sul lavoro (Fonte);
scegliere (bene) la nostra specializzazione: per i/le dentistǝ altamente sensibili, a fare la differenza non sono le ore lavorate, ma la specializzazione. Sta meglio chi non fa il lavoro “di base” (Fonte);
avere una routine giornaliera e una strategia a lungo termine: gli/le insegnanti che lo fanno sono più protettǝ dallo stress (Fonte);
sapere di essere altamente sensibili rivoluziona l’approccio cognitivo e protegge dal burnout (Fonte);
essere soddisfattǝ del rapporto che abbiamo con le persone di cui ci occupiamo ci protegge dall’esaurimento emotivo (Fonte).
“Una soluzione a questi problemi potrebbe essere non insistere a voler esprimere sul lavoro tutte le vostre doti. Impiegatele piuttosto in progetti privati, nell’arte, in programmi per il futuro, in lavori paralleli e nella vita stessa”.
Elaine Aron, 1996, p. 200
In ogni caso, l’alcool non è la soluzione
Come altamente sensibili - specie se si lavora nel campo creativo-artistico (Aron, 1996) - può accadere di ricorrere ad alcol e farmaci per controllare l’elevato stato di stimolazione o per sentirsi più centratǝ. Non è mai una buona idea.
Parola di Stakanov.
Con oggi finisce febbraio: se hai fatto il nostro calenDIARIO hai lavorato sulle tue paure, ed è ora di ragionarci su, senza giudicarti.
A Marzo lavoriamo, invece, sugli sbalzi di umore e sullo smontare i miti del progresso (tra cui quelli sul lavoro) che spesso ci vengono propinati.
Grazie per aver letto fino a qui! ;)
Per commenti, basta rispondere a questa mail – e sì, rispondo a tutte le mail.
M(ercoledì)arzia
Dalla lettura di Mercoledì.
Mi torna in mente la questione di Dio, che il settimo giorno si è riposato e io no. Ho la certezza che non c’entrasse la stanchezza. Non si è fermato perché non ce la faceva più, si è riposato perché voleva contemplare quello che aveva fatto, come si contempla il fuoco in un camino, la polvere nella luce, la vita in un bambino.
Enrica Tesio - Tutta la stanchezza del mondo, 2019
Che bella la newsletter Mercoledì, ogni mese riesci sempre a stupirmi. Grazie per condividere queste ricerche che diventano spunti per noi.