Le prime volte
Non quelle. Ma comunque, sì: per chi è altamente sensibile è SEMPRE una prima volta.
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Al suo terzo mese di newsletter, Mercoledì si è resa conto di quanto per lei è SEMPRE una prima volta, anche alla seconda, terza, quarta.
Ti ricordi: quelle volte che hai alzato la mano per dire la tua, magari in disaccordo con quanto si andava dicendo? Ricordi cos’hai provato prima e mentre parlavi? Il palmo delle mani suda, c’è chi diventa viola in viso o balbetta. Eppure non è la prima volta, continui a ripeterti.
Che cosa (ci) succede?
Ce lo spiega chi ha scoperto l’alta sensibilità.
Di solito, non basta un fallimento per fare di qualcuno un timido cronico, ma può accadere. In genere la seconda volta in cui si ripete una determinata situazione spiacevole voi siete ancora più tesi, perché temete una ripetizione del fallimento precedente. Ed essendo più stimolati, è più probabile che vi comportiate in modo sbagliato. La terza volta, poi, probabilmente avete dimostrato molto coraggio, perché sarete stati tesi al massimo. Non sarete riusciti a pensare a cosa dire, avete agito come se vi sentiste inferiori e siete stati trattati allo stesso modo, e così via. (…) Ma voi non siete nati timidi, siete solo nati sensibili.
Elaine Aron, 1994/2018, p. 154
In sintesi:
Può essere che la scorsa PRIMA VOLTA qualcosa sia andato storto. O nulla sia andato storto, ma per te in una qualche maniera sì. Pace. Può anche darsi che tu abbia considerato quell’esperienza un fallimento, anziché come parte del processo. Sappi, però, che considerandola un fallimento è più probabile che anche la seconda volta vada male. Parola di Elaine Aron.
La bassa soglia di percezione ci fa apparire tutto diverso, anche quando agli altri sembra tutto uguale. Ad attivarci possono essere piccoli elementi che gli altri non percepiscono (figuriamoci quanto ci attivano quelli che percepiscono anche gli altri): un rumore, le sedie sistemate male in una stanza, o quello che ti è successo poco prima di parlare. Su questo punto, Mercoledì vuol essere molto chiara: gli stimoli interni valgono tanto quanto quelli esterni e tangibili. Ripeti con me: CIO’ CHE SENTO DENTRO HA UGUALE DIGNITA’ DI QUELLO CHE STA LA’ FUORI. Entrambi influenzano ciò che ci succede come se fossero una percezione in più.
Oppure, rullo di tamburi: quello che stai facendo è per te UNA PRIMA VOLTA. Mettiti l’anima in pace, gli altri non lo capiranno mai. “Come puoi essere così nervosǝ, visto che è la tua centesima partita?”, “Sono anni che lo fai”, “Ma come, proprio tu che sei così espertǝ?”. Sì, sì, e ancora sì. Magari: è la prima volta con quel gruppo, la prima volta online, la prima volta dopo l’estate, la prima volta con la nuova collega.
Di solito si tratta di momenti di gruppo, in cui non senti tanto la pressione della persona alla quale ti devi rivolgere, ma quella di chi ti ascolta in silenzio, il gruppo degli altri. E’ per questo che con le persone altamente sensibili i gruppi sono momenti altamente stimolanti, quindi, anche problematici.
Recentemente, durante una lezione, mi sono accorta che la maggior parte della classe faceva una gran fatica ad intervenire, nonostante l’ambiente oggettivamente piuttosto accogliente. Quando finalmente qualche studente riusciva a parlare - peraltro sempre con cose interessanti da dire (!) - ho capito che non era tanto paura del mio giudizio, ma di quello degli altri. Da cosa l’ho dedotto? Perché, spesso, non stavano ad ascoltare i miei commenti dopo il loro intervento, ma si giravano furtivamente a guardare le altre facce, tra i banchi. (Ok: i miei commenti erano forse noiosi, ma anche no).
Performiamo peggio se osservati e con scadenze pressanti. L’alta sensibilità impatta sulle performances in contesti ad alta pressione sociale. Ricorda: Unnecessary stress is not good for our highly sensitive nervous system.
Abbiamo paura del giudizio di chiunque. Ma, come suggerisce la lettura di Mercoledì di oggi ci interessa davvero che cosa pensano di noi quelle persone? Perché? Ci piacciono, gli vogliamo bene, li stimiamo? Ecco, certe volte potremo chiedercelo, in tutta franchezza. E scoprire che no, non ci importa di loro ma della paura che abbiamo di loro. Se riusciamo a visualizzare questo: un po’ di paura se ne va via.
Come ne usciamo?
Accetta che si tratti di una prima volta PER TE. Non sei mica uno spettatore: è la tua vita. Se per te è una prima volta, specificalo; magari dillo anche ad alta voce. La Aron stessa, prima di ogni talk, racconta che è altamente sensibile e che quello che le persone vedono è parte di questo tratto. Perché non farlo anche noi? Non come qualcosa di cui vergognarsi, ma come segnalazione di una specificità in un contesto al quale si tiene particolarmente.
Comunica quando vuoi evitare la sovra-stimolazione. C’è qualcosa in questa prima volta che ti dà fastidio? E’ un rumore di fondo, una strana intuizione su chi ti sta ascoltando, uno spiraglio di aria fredda che senti sulla schiena? Dillo. E modifica la situazione in modo che ti faccia stare bene. Funziona sempre: quando riprendi il controllo, sdrammatizzando la situazione, si allentano gli animi. Compreso il tuo.
Chiediti: quella cosa può essere fatta senza tutta quella pressione? Esempio: se devi tenere uno speech ma non te la senti: non c’è altro modo? Chessò: scrivere due righe, mandare un contributo video, mandare qualcun’altrǝ, fare un film? L’importante è non avere una figlia che immortala il momento in cui ti senti male a pensare che dovrai fare quella cosa (vedi foto).
Alla peggio, visualizza che in ogni situazione c’è chi ti può sostituire. Dura verità: non siamo indispensabili. E se lo siamo, vuol dire che abbiamo costruito dei processi troppo personali, troppo centrati su di noi. Proviamo a re-distribuirli, a generare conoscenza attorno a noi, a costruirci dei sistemi che ci possano lasciare lo spazio anche di dire: “Raga, io stavolta passo”. Questa regola non si applica giusto ai matrimoni, ai parti, alle operazioni mediche (agli esami sì: già fatto!). Si applica, invece, alle feste (persino quelle a sorpresa: ci si può sottrarre!), agli appuntamenti di lavoro, alle consegne, ecc. Non ci credi? Scrivimi.
Accetta che la tua goffaggine possa rivelarsi utile.
Nelle sue etnografie, Marianella Sclavi racconta di come, entrando in un contesto nuovo, non puoi non essere goffo. E fin qui. Ma: anziché subire la goffaggine, l’etnografa dimostra che la possiamo usare per capire come funziona quel posto. Sei nella posizione ideale: puoi fare domande, incidenti, gaffes memorabili. Chi ti giudica? Sei “nuovo”, nessuno si aspetta che tu sappia comportarti da subito nel modo corretto.
Impara da Parisi e dal forrò, ad esempio, che nasce tutto da un divertentissimo equivoco (minuto 1:41).
Grazie per aver letto fino a qui! ;)
Mercoledì aspetta i tuoi tips sulle prime volte. Per commenti, basta rispondere a questa mail – e sì, rispondo a tutte le mail.
M(ercoledì)arzia
B) risposta corretta. Nei prossimi giorni su Instagram il test per capire la tua tipologia.
Dalla lettura del Mercoledì.
- Ma chi diavolo sono LORO, per te? Chi sono, Francois? Amici, compagni, gente che ti piace, che stimi? Persone che ti vogliono bene?
Francesca Veltri, Malapace, 2022